Il danno morale autonomo e distinto dal danno alla salute (Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 25164/2020)
Con la sentenza n. 25164/2020 la III Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sull’autonoma risarcibilità del danno morale, quale pregiudizio non patrimoniale non avente fondamento medico-legale, perciò distinto dal danno alla salute e dal relativo sistema di personalizzazione.
La pronuncia ha deciso sulla domanda di risarcimento del danno subito da un uomo che veniva investito da un autoveicolo poi risultato rubato ed il cui conducente non era identificabile, nei confronti di una compagnia assicurativa quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada.
In primo grado il Giudice non riteneva provato, a cura di parte attrice, che l’autovettura circolasse contro la volontà del proprietario e pertanto rigettava la domanda di risarcimento del danno.
Proposto appello, la Corte territoriale riteneva invece provata la suddetta circostanza e condannava la Compagnia di assicurazione al risarcimento dei danni a favore del danneggiato, per la cui liquidazione venivano applicate le Tabelle del Tribunale di Milano, riconoscendo altresì la personalizzazione del danno, oltre ad una ulteriore somma a titolo di ristoro per le sofferenze patite.
Adita la Corte di Cassazione, l’assicurazione ricorrente lamentava l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello laddove aveva liquidato il danno morale come voce autonoma e, in quanto tale, meritevole di ulteriore risarcimento non incorporato nel valore monetario liquidato per il danno alla salute.
La Suprema Corte, con sentenza n. 25164/2020, si è pronunciata confermando quanto statuito dalla Corte di Appello, aderendo all’orientamento secondo il quale la voce di danno morale è autonoma e non assimilabile al danno biologico, in quanto sofferenza interiore e non relazionale e, quindi, meritevole di un compenso aggiuntivo rispetto a quello tabellare, al di là anche della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi, senza così incorrere in una sua duplicazione in termini risarcitori (cfr. Cass. n. 910/2018, Cass. n. 7513/2018, Cass. n. 28989/2019).
I giudici di legittimità hanno precisato che deve farsi rientrare nel danno biologico la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale, che si traduca anche in un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato (c.d. danno esistenziale), da dimostrarsi in concreto e da liquidarsi sulla scorta del criterio di “personalizzazione”.
Voce estranea a siffatto schema è, invece, quella propriamente del danno morale, da intendersi quale sofferenza patita dal danneggiato derivante dall’eventuale lungo periodo di malattia, di degenza o di riabilitazione e dalla consapevolezza delle significative limitazioni funzionali, perduranti e non emendabili, conseguenti al sinistro, che non è suscettibile di valutazione medico legale e non attiene all’ambito della capacità dinamico relazionale dell’individuo.
In tal caso, è fatto obbligo al danneggiato di provare quanto patito affinchè possa essere “percepito” dal Giudice: “l’attività assertoria deve consistere nella compiuta descrizione di tutte le sofferenze di cui si pretende la riparazione”.
La sentenza, in altri termini, riconosce la possibilità per il danneggiato di richiedere il risarcimento del danno biologico, nella sua accezione medico-legale, maggiorato dell’eventuale personalizzazione, in presenza di specifiche conseguenze eccezionali, ulteriori rispetto a quelle ordinarie conseguenti alla menomazione, e tali da incidere su specifici aspetti dinamico-relazionali personali (c.d. danno esistenziale), oltre che della distinta ed autonoma voce del danno morale inteso come sofferenza fisica patita, purchè documentato ed obiettivamente accertato.